Nell’età adulta, la principale causa di ipoacusia è dovuta ad ambienti lavorativi troppo rumorosi. L’ipoacusia da rumore rappresenta oggi la più diffusa malattia professionale.
In termini più scientifici, la patologia tipica dell’esposizione al rumore è l’ipoacusia neurosensoriale bilaterale simmetrica. Nella UE il 28% dei lavoratori (oltre 60 milioni di persone) afferma di essere esposto a livelli di rumore elevati tali ad esempio da rendere difficile una conversazione.
Quasi 40 milioni di lavoratori sono costretti ad alzare la voce al di sopra dei normali standard di conversazione, per essere uditi, e ciò per almeno la metà del loro orario di lavoro. In Italia il problema è particolarmente evidente rispetto al contesto europeo: l’ipoacusia da rumore rappresenta ancora la terza causa di malattia professionale denunciata all’Inail.
Esposizione ripetuta a rumori: l’esposizione a suoni elevati per un tempo prolungato causa l’affaticamento delle cellule sensoriale dell’orecchio. Il risultato è una perdita uditiva temporanea o un acufene, cioè una sensazione di fischio o ronzio nell’orecchio.
Se l’esposizione al rumore è particolarmente intensa, abituale o prolungata, può causare un danno permanente con conseguente perdita uditiva irreversibile.
Quando si manifesta un caso di ipoacusia da rumore, questa è solitamente di natura percettiva, poiché interessa la coclea. L’impatto delle vibrazioni e delle onde sonore troppo forti e per troppo tempo, provoca il danneggiamento del condotto uditivo esterno e di conseguenza degli organi e delle cellule che lo compongono.
Altri fattori. Infezioni causate da batteri e virus (otiti, scarlattina, meningite); abuso di farmaci, soprattutto antibiotici; abuso di alcol e fumo; otosclerosi; fattori ereditari.
Nel vademecum delle buone norme da seguire per proteggere le orecchie, c’è innanzitutto l’invito a effettuare controlli dell’udito periodici, recandosi da uno specialista, oltre che naturalmente curare quotidianamente l’igiene: è bene utilizzare i cotton-fioc solo per la pulizia del padiglione esterno dell’orecchio, non inserendoli mai nel condotto uditivo.